Primo Levi
(Torino,
1919-1987)
da Se
questo è un uomo, 1946
La selezione
del'ottobre '44
"[...] La SS, nella frazione di secondo fra i due passaggi successivi,
con uno sguardo di faccia e uno di schiena giudica della sorte di ognuno,
e consegna a sua volta la scheda all'uomo alla sua destra o all'uomo alla
sua sinistra, e questo è la vita o la morte di ciascuno di noi [...]
Adesso ciascuno sta grattando attentamente col cucchiaio il fondo della
gamella per ricavarne le ultime briciole di zuppa, e ne nasce un tramestio
metallico sonoro il quale vuol dire che la giornata è finita. A poco
a poco prevale il silenzio, e allora, dalla mia cuccetta che è al
terzo piano, si vede e si sente che il vecchio Kuhn prega, ad alta voce,
col berretto in testa e dondolando il busto con violenza. Khun ringrazia
Dio perchè non è stato scelto.
Khun è un insensato. Non vede, nella cuccetta accanto, Beppo il greco
che ha vent'anni, e dopodomani andrà in gas, e lo sa, e se ne sta
sdraiato e guarda fisso la lampadina senza dire niente e senza pensare più
niente? Non sa Kuhn che la prossima volta sarà la sua volta? Non
capisce Kuhn che è accaduto oggi un abominio che nessuna preghiera
propiziatoria, nessun perdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nulla insomma
che sia in potere dell'uomo di fare, potrà risanare mai più?.
Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera di Kuhn."
L'ultimo
"[...] L'uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte
in qualche modo alla rivolta.
[...] Quando finì il discorso del tedesco, che nessuno potè
intendere, di nuovo si levò la prima voce rauca: - Habt ihr verstanden?
- (Avete capito?)
[...] Chi rispose "Jawohl"? Tutti e nessuno: fu come se la nostra
maledetta rassegnazione prendesse corpo di per sé, si facesse voce
collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma tutti udirono il grido
del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia
e di remissione, percosse il centro vivo dell'uomo in ciascuno di noi:
- Kameraden, ich bin der Letzte! - (Compagni, io sono l'ultimo!).
[...] Vorrei poter raccontare che fra di noi, gregge abietto, una voce
si fosse levata, un mormorio, un segno di assenso. Ma nulla è avvenuto.
Siamo rimasti in piedi, curvi e grigi, a capo chino, e non ci siamo scoperta
la testa che quando il tedesco ce l'ha ordinato. La botola si è
aperta, il corpo ha guizzato atroce; la banda ha ripreso a suonare, e
noi, nuovamente ordinati in colonna, abbiamo sfilato davanti agli ultimi
fremiti del morente.
Ai piedi della forca, le SS ci guardavano passare con occhi indifferenti:
la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai
venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l'ultimo pende ora
sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono
venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai
della morte inerme che ci attende.
Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è
stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi.
Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più
avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno
sguardo giudice."